
C’è sempre tempo per rimediare
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Ho 50 anni e sono cresciuto in questo quartiere. Ogni isolato aveva la sua banda e bisognava stare attenti a non passare per le vie sbagliate altrimenti rischiavi di prenderle. Una volta ne ho incrociata una mentre stavo pedalando: perchè mi lasciassero passare ho dovuto lasciare loro la mia bicicletta.
Ovviamente anche io facevo parte di una banda: si chiamava “banda della ringhiera” perché eravamo così tanti che quando ci mettevamo in riga formavamo una ringhiera attraverso cui passava solo chi decidevamo noi.
Ho fatto tante cose che se potessi tornare indietro non rifarei: le ho fatte per non passare da sfigato e per sentirmi parte del gruppo, non volevo davvero farle.
Con il passare del tempo mi sono defilato fino a perdere i contatti con gli altri componenti. So che alcuni hanno studiato, altri si sono affermati, altri sono in carcere. Penso che la differenza tra chi si é salvato e chi no l’abbiano fatta le famiglie: chi aveva una famiglia sana, con dei valori e dei principi, ha fatto strada, gli altri sono rimasti schiacciati.
Sono fiero di quello che sono riuscito a costruire: mi sono sposato, ho avuto due figlie – una giornalista ed una psicologa – e sono diventato poliziotto, lavoro che ho fatto fino a quando non mi hanno proposto di andare a Palermo per il Maxiprocesso nel ‘91. Ho rinunciato perché non volevo perdere mia moglie, che era contraria e mi avrebbe lasciato – cosa che poi é successa comunque anni dopo. Non mi pento di nulla, si era chiuso un capitolo. Ora lavoro qui, in questa azienda di moda, come contabile.
Un mio grande senso di colpa e pentimento? Ne ho fatte di cose brutte nella mia vita, ma una volta ho fatto una cosa davvero molto brutta, che non mi va di raccontare perché mi fa ancora male: mi hanno costretto ma comunque l’ho fatto io. Mi sento terribilmente in colpa ancora oggi.
Penso che ci sia sempre tempo per rimediare ai propri errori e per migliorare.