Sono lì in un angolo da sola io e mio figlio. Fuori dalla porta del Reparto. Sto fumando e sto bevendo il caffè. E sto cercando di far parlare mio figlio perché ormai non parla più. Passa una capetta e mi vede là. Non avevo la mascherina. “Mettiti la mascherinaaaaaa”. Ho bestemmiato. Come faccio a fumare la sigaretta, bere il caffè e chiacchierare con mio figlio? Sai cosa ho fatto? Ho preso la forbicina “Ti va bene così?”. Ecco ho fatto il buco.
Ma non è possibile! Vaccinata. Portano fuori dal reparto mio figlio con la mascherina su. No la gente è malata comunque.
Venti mesi che non entro in reparto. Che non so come è messo col suo vestiario. Gli ho comprato un orologio non ha più l’orologio, aveva un braccialetto non ha più il braccialetto. Continuo a portargli là la roba da vestire… boh non si sa più niente. Io non sono più entrata in reparto. Tu dovresti vedere quando mi vedono dalla vetrina gli ospiti che mi conoscono… Perché io mi fumavo la sigaretta. E poi adesso guarda io cosa faccio… perché se io vado là non posso attraversare il cortile, non posso andarmi a prendere il caffè alle macchinette… allora io faccio un caffè per Francesco e anche per qualche ospite. E dopo io ho questa… questa qua. Queste sono le lacrime della Madonna… annusa. E gli do il caffè corretto.
Si ho scritto una lettera. Al Presidente… al Capo dello Stato, a Zaia e a quello della Sanità. Sai dove sono andate quelle lettere? In Prefettura, nell’Amministrazione della RSA e dal caporeparto dove ho mio figlio ricoverato. Nessuna risposta. Niente.
In questa lettera ho raccontato un po’ la mia storia. Questa per Zaia perché io sono figlia di profughi. Perché mio padre, mia madre, tre fratelli di mia madre negli anni ’20 sai quanti veneti sono scappati da qua sotto il fascismo? E mio padre, mia madre e tanta gente non avevano soldi, non avevano passaporto non avevano niente. Sono scappati e hanno viaggiato con i treni merce e i treni bestiame finché sono arrivati… hanno fatto la Svizzera, la Francia dopo sono arrivati in Belgio e si sono fermati in Belgio. E io sono nata in Belgio, sono cresciuta là e – perché adesso c’è un odio verso la gente che viene qua che è una cosa che io non lo accetto, non lo accetto. Ogni giorno che muoiono queste persone… se uno scappa c’è un motivo per cui scappa.
E poi ho raccontato la storia di Francesco e poi ho raccontato un po’ la storia della RSA insomma… Non ho bestemmiato, non ho offeso nessuno.
Nessuno mi ha dato una risposta.
Allora un giorno il caporeparto mi fa “Ma cosa mi hai combinato con quella lettera?”
“Beh Alessandro” go dito “Vara che mi son qua! Dighe che i me ciama. Dighe che i me telefona, che i ga el me numero e tutto. Perché non i se mette in contatto con mi par dire ma che cazzo sito andà a scrivere?”.
Niente.