Estate Felici

Tu non devi leggere proprio niente. Tu fai la mamma, punto.

Eh praticamente non è più vita! Cioè io mi rendo conto e ogni tanto penso, mi guardo indietro, ma cioè mi sembra di essere l’ombra di me stessa. Cioè ovviamente la vita sarebbe andata in un altro senso, avrebbe avuto altri sensi e… avrei potuto fare altre cose eh vabbè.

Comunque diciamo che quando si è ammalato lui si è spaccato lui ma si spacca anche il familiare che è con lui insomma… al di là che sei spiazzato perché non conosci, non sai e non c’è proprio qualcuno che ti spiega bene cosa sta succedendo. Ti trovi completamente spiazzato e dici bah e adesso cosa dobbiamo fare? Che poi io non sono una che sta lì, che fa la vittima – dice che facciano gli altri – subito volevo capire, sapere cosa potevo fare.

E mi ricorderò sempre quando all’inizio, quando è stato ricoverato la prima volta che era proprio… aveva 17 anni… un ricordo disastroso. Lo psicologo mi aveva detto potrebbe essere una cosa acuta che passa oppure potrebbe essere una cosa che diventa cronica… e invece purtroppo acuta non è stata. Però per mio figlio la difficoltà era capire intanto la terapia, quali farmaci perché lui era resistente praticamente a tutti i farmaci. E dopo si è trovata questa cosa che … si insomma funziona… funziona relativamente.

Però il problema è stato che ovviamente ti trovi di fronte ad una cosa sconosciuta… non è che prima pensavo si vabbè alla psichiatria in termini specifici… e quindi – sono sempre stata interessata di psicologia poi, avendo fatto educatrice gli studi di psicologia e pedagogia mi ero anche un po’… l’idea mia era un po’ di iscrivermi a psicologia e poi vabbè la psicologa l’ho fatta lo stesso ma senza aver la laurea in Psicologia.

Però quando sono andata al colloquio dal primario le ho detto “Ma io cosa devo fare?”. Cioè io voglio sapere cos’è sta malattia. Perché poi la diagnosi è difficile… anche lì… è una diagnosi così ma che non è proprio definita effettivamente è tutto un mistero. Sappiamo che la mente umana è un mistero. Lui poi è sempre stato un eclettico per cui ancora più difficile da determinare. Da schedare. Comunque… e allora lei mi ricorderò sempre questa cosa… “Che libri posso leggere'” gli ho chiesto… queste cose qua?

E mi fa “Tu non devi leggere proprio niente. Tu fai la mamma punto”. Al che sono uscita e sono rimasta un po’ così… Ok d’accordo faccio la mamma ma mi sembrerebbe anche giusto che un familiare dovesse sapere e capire le cose no? Non voglio toglierti il ruolo di fare il medico. Tu sei il medico per carità. Però se noi capiamo… riusciamo a stare meglio anche noi familiari.

Poi vabbè dopo lo capisci perché vivendoci… però al di là di quella che può essere la diagnosi insomma tra virgolette; io ero da sola poi quindi il carico era davvero pesantissimo e quindi vabbè si vive un po’ alla giornata e si impara a vivere la giornata. Non fai tanti progetti però… io son dovuta si dimenticare me stessa e concentrarmi solo sulle esigenze sue.

All’inizio ci siamo proprio isolati. Lui poi all’inizio non voleva neanche essere proprio toccato…. Aveva proprio sta difficoltà. Il terrore di qualsiasi cosa, il contatto anche proprio fisico. E che è molto doloroso specialmente per una mamma. Lui che poi è sempre stato affettuosissimo… fin da piccolissimo avevamo sto legame… anche perché io, al di là del parto che è stato traumatico, ho avuto il cesareo d’emergenza, ma l’ho allattato per 13 mesi… Quindi c’era proprio questo rapporto e adesso… poi comunque siamo entrati un po’ in simbiosi perché io e lui, io e lui… e quindi lui ha sta dipendenza che tuttora insomma come se fosse ancora un bambino. È rimasto emotivamente legato a sta figura della mamma insomma.

Io cerco sempre però di fargli avere delle figure altre di riferimento però ovviamente alla fine… torna “Mamma, mamma”. Con sta insicurezza di base che è tremenda. Eh perché lui… lui avrebbe voluto studiare. Lì a 17 anni ha dovuto insomma mollare tutto quello che era in previsione… lì anche lui ce l’ha ancora lì sta cosa che non è riuscito a finire. Quindi lui ogni cosa che deve fare ha paura poi, il terrore di non riuscire a finirla, di non farla bene per via dell’esperienza traumatizzante che ha avuto durante l’adolescenza insomma.

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