Estate Felici

…cose folli!

Sono Don Luigi Maistrello, sono stato nel quartiere di San Lazzaro dal 1990 al 1994, quindi dai miei 36 fino ai 40 anni, quando poi nel 1994 sono diventato Parroco di Lumignana. San Lazzaro è stato il mio ultimo quartiere. Io ho fatto tre quartieri nel Comune di Vicenza come Cappellano: Santa Croce Bigolina dal ’79 al ’86, poi i Ferrovieri dal ’86 al ’90 e poi San Lazzaro dal ’90 al ’94.

Io ho gestito come Cappellano la Parrocchia due segmenti: ’90-’92 e ’92-’94; nel primo segmento c’era anche un altro Parroco, un vecchissimo Parroco con cui alla fine siamo anche diventati molto amici, ma era considerato un prete impossibile, anziano, di cultura militare, lui aveva fatto il militare, per cui proprio impossibilitato a lavorare in un contesto come San Lazzaro. Lui aveva legami solo con la San Lazzaro di un certo tipo, con il quartiere popolare non aveva nessun rapporto; poi dal 1992 io l’ho aiutato ad uscire, andare in pensione – perché non ci voleva andare – ed in quel passaggio siamo diventati anche amici, perché in fondo era un persona molto buona, ma la sua cultura era quella.

Dal ’92 al ’94 sono arrivati due parroci, ed io ho fatto il cappellano di due parroci e lì ho avuto più libertà di gestione sinceramente anche se non è cambiato un granché… ho sempre fatto quello che ritenevo. Però è questo il mio punto, il mio assunto iniziale: io parto dal presupposto che la Parrocchia all’interno di un quartiere o di un paese deve essere come il sale, cioè agisce senza essere visto. Il sale è una immagine evangelica, tu conosci il sale del Vangelo di Matteo, cap. 5,XIII-XVI, e parla che il vero modo di agire secondo Gesù è quello di entrare in un contesto e sparire, però agire nel silenzio. Però agire, fare e fare le cose tranquille e spontanee e per questo mi fa piacere sentire che mi dici che si ricordano di me.

Ma io non ho fatto grandissime cose, ma ho lavorato con questo metodo, nelle relazioni, nelle relazioni soprattutto con le famiglie. E lì mi sono reso conto di cosa avevo già alle spalle, l’esperienza Santa Croce Bigolina, dei Ferrovieri, dei famosi quartieri popolari, dove c’era allora a quei tempi, una popolazione di tantissimi ragazzi, di tanti giovani. E quindi in quegli anni c’erano delle opportunità immense a livello di parrocchia lavorando nei quartieri popolari; era facile in fondo, bastava organizzare qualcosa e ti venivano tutti dietro.

Oggi per quello che mi dicono è molto più complicato, anche perché i quartieri popolari sono molto più quartieri di anziani e ci sono altri tipi di problemi. Quindi in quegli anni il parroco non voleva che la parrocchia… cioè noi, io non abbiamo fatto cose straordinarie, la straordinarietà era l’ordinarietà di riuscire a stare con i ragazzi, organizzare, per esempio, momenti di incontro fuori dal contesto catechistico, perché il catechismo ha la sua… e lì non si poteva toccare quella filiera e bisognava andare a inventare qualcos’altro fuori.

Allora lo sport, il Carnevale… io ricordo i Carnevali che abbiamo organizzato che avevano alle spalle mesi di preparazione con l’evento finale, ma c’era tutto quanto un mondo dietro. Abbiamo fatto teatro in piazza, perché siccome non c’era il teatro lo abbiamo inventato in piazza, lo sport in piazza! Ecco questa è una cosa importante perché davanti alla Chiesa della Parrocchia di San Lazzaro, siccome non c’erano strutture sportive agibili o utilizzabili, ho inventato di metterci un tappeto e facevamo i tornei di calcio durante l’estate… cose folli! Una cosa folle di partecipazione! Una cosa folle!!! C’era la piazza piena e… vedi… è molto anche pericoloso giocare così sinceramente, ma a quel tempo… Avevamo anche preparato un chiosco di vendita che andava alla grandissima.

Lo scopo principale era quello di aiutare la gente a stare insieme, a stare insieme in un certo modo ecco. Lì è il passaggio perché io personalmente ritengo che la Chiesa deve ancora oggi investire, aiutare la gente a stare insieme, perché oggi c’è la difficoltà estrema, anche per colpa di questi mezzi di comunicazione, dei social, dove che c’è estrema difficoltà a far sì che le persone possano stare insieme… e devono stare insieme.

Ecco, io ho fatto solo quello, ho organizzato momenti. Ecco… amare il quartiere.

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