È stato ricoverato… è stato in Manicomio quando aveva 12 anni. Perché lui si è ammalato a 3 anni e mezzo. Allora a quegli anni 1959 non c’era la neurochirurgia qui a Vicenza. Però c’era una buona neurochirurgia a Padova. Però… io l’ho messo a letto la sera e non aveva niente. Si è svegliato la mattina urlando. Occhi spalancati, bocca spalancata. Ho chiamato il medico e non è venuto perché… perché chiamavo sempre il medico… se aveva 2 linee di febbre io chiamavo sempre il medico. E allora a quegli anni non potevi portare direttamente uno in ospedale. Dovevi andare dal medico che ti faceva la carta, poi dovevi andare all’I.N.A.M. (Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro le Malattie) che ti mettevano il timbro e poi allora potevi andare in ospedale. E lì è stato 8 giorni in coma però non hanno capito quello che… lo hanno dimesso con un’epilessia farmaco resistente e progressiva.
Difatti ho provato tante di quelle cure, ma tante… ma niente da fare. L’ho mandato a scuola ma non lo volevano più a scuola perché aveva le crisi epilettiche e lui scappava sempre in giro di qua e di là. E dopo era diventato violento e dopo ho visto che avevo anche altri figli piccoli su consiglio di un’assistente sociale è stato tre anni a Thiene all’Istituto Nordera dove c’erano altri ragazzi con altri problemi insomma. Però lì li tenevano fino ai 15 anni. Ai 15 anni ha avuto un altro crollo. Lui si è spaccato le braccia, le gambe, non ha un centimetro della testa che non ci sia un taglio… Perchè aveva le crisi epilettiche e quindi cadeva. Non ti dico! E da Thiene è andato a finire a Sandrigo che non aveva più globuli rossi dalle medicine. Da lì è andato in Neurologia qui a Vicenza e da lì – dalla neurologia – aveva 16 anni è andato a finire in Manicomio. Perché ha spaccato l’ambulatorio dentro in ospedale cioè era, non era possibile gestirlo insomma.
E quindi dalla neurologia è andato a finire lì… mi sono inginocchiata per terra, ho pianto col primario “No non voglio che vada in manicomio”. No niente da fare.
Poi guarda io ho ancora la chiave. Eccola qua… vedi questa? Sai cos’è questa? Quando legavano la gente a letto avevano due fasce fisse così… non di cuoio ma di cotone di quello proprio resistente. E chiudevano con tipo un chiodo che andava dentro… così braccia e piedi a letto eh! E io quando andavo da Gianni che lo trovavo – perché avevo la chiave che lavoravo al Salvi. Che io quando lavoravo al Salvi che facevo la notte c’era una stanza con sei donne tutte legate a letto. Io quando andavo su che andavo a fare la notte cosa facevo? Andavo là nella stanza e slegavo tutte. E non sopportavo di vedere la gente col naso sporco. Non poter grattarsi la testa se hai prurito oppure no… ecco me la sono tenuta.